Si potrebbe ragionevolmente sostenere che qualsiasi produzioni abbia una scena in cui Van Damme, nel ruolo di se stesso, lucidi la targa che sta sotto ad una statua gigante che lo rappresenta mentre fa la spaccata, posizionata in una piazza di Bruxelles, non possa essere pessima.
Purtroppo Jean-Claude Van Johnson mette in crisi quest’assunto.
C’erano aspettative non da poco sulla prima serie non solo con Van Damme ma su Van Damme, che racconta la sua vita in forma parodistica come coniato nel 2008 da JCVD, il film a lui dedicato. Anzi andando anche oltre. Il pilota che avevamo amato annuncia tutto già dall’inizio, con Jean-Claude che si sveglia nella sua casa piena di poster dei suoi film, con un pianoforte a coda, le pantofole con le sue iniziali e tutte le tubature che trasportano latte di cocco invece di acqua. Prende il giornale fuori dal cancello della villa con il segway e da lì parte la trama.
In buona sostanza Jean-Claude Van Damme è sempre stato un agente segreto e i suoi film erano coperture. Ora è anziano ma vuole tornare a fare quel lavoro, per questo contatta la vecchia agenzia che lo rappresentava (in realtà una costola dei servizi segreti), per farsi dare nuove missioni. E anche le missioni di questi 6 episodi da mezz’ora l’uno messi su Amazon Prime Video sono produzioni esilaranti finalizzate a sgominare villain da barzelletta con metodi pescati dai suoi vecchi film. È in buona sostanza il pitch migliore di sempre. E ognuna delle persone coinvolte nella produzione ha sulla coscienza il fallimento di questo spunto geniale.
In Jean-Claude Van Johnson si ride a tratti, con battute geniali ma sempre troppo isolate, l’azione è risibile, le arti marziali ridicole anche quando c’è JC al centro della scena. Il meglio la serie lo dà quando ironizza sull’industria del cinema e della tv, quando prende in giro produzioni e produttori, quando mostra la vanità incredibile del protagonista. Tutto il resto grida vendetta. Sembra che chi ha scritto e realizzato il tutto non abbia conoscenza del genere se non per i suoi luoghi comuni, che non ne apprezzi le caratteristiche base e che ne disprezzi molto la riuscita, così tanto da non sforzarsi a realizzare con coscienza le scene di combattimento.
Vista con gli occhi dell’amore Jean-Claude Van Johnson è una delizia, perché non è difficile farsi bastare gli ammiccamenti e i riferimenti dotti a Timecop o Double Impact. Ma è decisamente troppo poco anche per le sole 3 ore di durata complessiva.