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Gonzo Journalism di menare: ho incontrato Shane Black

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In occasione del tour promozionale di The Nice Guys, oltre che andare all’anteprima nazionale, mi è stata data la possibilità da Lucky Red di partecipare alla tavola rotonda con Shane Black.

Una tavola rotonda consiste in un gruppo di persone, giornalisti o altro (io ero altro), che dialogano con l’autore ospite, cercando di non sovrapporsi. Più spesso finisce sovrapponendosi con una regolamentare prepotenza accettata come il fallo nell’hockey su ghiaccio.

Se leggete il nostro sito e/o i miei pezzi capirete che essere faccia a faccia con Shane Black è una di quelle situazioni tanto rilevanti quanto drammatiche, perché vorresti chiedergli il mondo ma avrai solo quaranticinque minuti da condividere con altre dieci persone.

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Il giorno prima vengo però informato che alla tavola rotonda oltre Black sarà presente anche il produttore di The Nice Guys: Joel Silver. Avete presente chi è Silver vero? In caso contrario sentitevi in colpa e andate a leggere che film esistono grazie a lui. Una comprensibile ansia mi è cominciata a salire sul groppone.

La conferenza stampa con regista, produttore e cast è fissata alle 12.00 nel grand hotel sotto il quale si trova il cinema dell’anteprima del film della sera precedente, la tavola rotonda è per le 13.00. Ora: il giorno prima nonostante i miei buoni propositi di vedere l’anteprima e filare a letto perché la mattina seguente avevo l’incontro, vedendo nel film Ryan Gosling costantemente ubriaco o in hangover, ho sentito una forte motivazione ad andare a bere due cosette e questo ha fatto sì che arrivassi all’appuntamento in un moderato ma presente stato di dopo-sbronza.

Arrivo comunque con largo anticipo alle 11.40 perché sono un fottuto professionista e nell’attesa decido di fare l’unica cosa sensata e che qualsiasi persona di buon senso farebbe al mio posto: mi butto al bar dell’albergo con gli occhiali da sole saldati in faccia, ordino due caffè al tavolo e mi accendo un sigaro grande così. Poco dopo esce dall’hotel Russell Crowe, che a breve dovrebbe essere in sala stampa a tenere una conferenza, vagando in canottiera calzoncini e occhiali da sole e con l’aria di aver avuto una serata affine alla mia. Non ci giurerei eh, ma sembrerebbe di sì.

Crowe

Nun ci giurerei ma insomma…

Quindi, tutto gonfio e trafelato, si allontana nei dintorni di stazione Termini tra foto dei passanti e incredulità generale. Da questo episodio la mia stima per Crowe è ulteriormente salita ma capisco anche che la conferenza stampa, e di conseguenza la successiva tavola rotonda, subirà dei ritardi. Dato il contrattempo vengo cortesemente invitato ad attendere in una sala d’attesa con prima colazione e ne approfitto per un altro paio di caffè, quando sul secondo vengo invitato a lasciare la sala perché è riservata ai soli clienti dell’albergo.

Insomma ho avuto un incontro surreale con una star di Hollywood, sono in hangover e vengo cortesemente cacciato da un hotel di lusso: il mio incontro con Shane Black sembra sceneggiato da Shane Black. Dopo due ore di ritardo finalmente iniziamo.

Da sempre mi sento orfano di un certo cinema, rimpiango il cinema di prima che nascessi un po’ perché per gran parte della mia infanzia ho visto solo vecchi film con mio padre, un po’ per indole e un po’ perché come mi conferma Black durante l’intervista c’è sempre meno spazio per i personaggi e i film che amo e che ama anche lui. Ho sempre intravisto nei film di Black delle cose che sembrano uscite dal mio cervello, delle figure, delle situazioni, dei registri con cui ho un’assonanza personale immediata e grande. Quando scrissi il pezzo per Le Basi su Dirty Harry visionai molti contributi video e lessi tantissimo materiale in merito, l’intervento di Black negli extra del bluray però mi risuonò molto vicino, parlava di come da ragazzino quando vide il film rimase folgorato dai dialoghi di Milius, dalla figura a tinte fosche di Callaghan. Dissi: “cazzo, amen” e ogni volta che leggo o vedo qualche sua intervista concludo sempre così.

Black

Shane Black durante l’incontro

Che sia il ragazzino che guarda i film del drive-in col binocolo sul tetto in Scuola di Mostri o sia il nichilismo sfacciato di Riggs in Arma Letale, o Bruce Willis che si sveglia con un topo morto in macchina e maledice la moglie in L’Ultimo Boyscout i suoi film toccano infatti una qualche mia corda. Black sa raccontare gli outsider, lo fa con grinta e umorismo, senza patetismi, senza malinconia né biasimo ma anzi facendogli portare la loro inadeguatezza con spavalderia, rendendola potente, rendendola quello che fa la differenza.

Ho chiesto quindi a Black cosa pensa dell’action di oggi, se ambientare il film in un’epoca in cui è accettabile per un eroe fumare ovunque, bere, venire alle mani sempre e uccidere se necessario, è un modo per aggirare il cinema d’azione attuale così ossessionato dal PG13 e dominato dal politicamente corretto; insomma se fare un film in costume è un mezzo per poter continuare a portare il suo genere di antieroi al cinema.

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Toccare corde

Fa uno strano effetto sentirsi dire da un autore di cui stimi il lavoro da sempre “hai assolutamente ragione, è molto giusto quello che dici” , che è quello che mi ha risposto Shane Black.

Mi conferma che non guarda con piacere il film d’azione, in cui le dinamiche sono troppo bloccate da cosa è giusto e cosa non è giusto far vedere, in cui gli eroi sono stucchevolmente positivi o comunque morigerati in favore dell’aggirare la censura, ritiene che in quanto autore americano lui abbia il dovere di non far morire la tradizione antieroica del western e dell’hard boiled, due creazioni della sua cultura, emanazione di una parte profonda del suo paese. Ed è per questo che dopo la parentesi di Iron Man 3 è tornato con un film con una profonda caratterizzazione personale, nella parte d’azione come in quella della commedia, ed è per questo che lui è Silver fanno i loro film, interviene il produttore a precisare.

Black, che non ha mai lavorato per la TV, conferma anche che non è particolarmente tentato dalle serie televisive oggi così predominanti.  Secondo lui per la televisione ci sono ancora più restrizioni che per il cinema, tutto viene calcolato in base alle percentuali dei sondaggi sul pubblico quindi uno scrittore si trova a fare tutto in funzione del compiacere quelle percentuali e semplicemente non si trova bene a lavorare così.

Parlando del film in uscita, The Nice Guys è una summa di Shane Black; meno inventivo e personale di Kiss Kiss Bang Bang ma efficace e lineare al punto da sembrare una sorta di “dove eravamo rimasti” dell’autore per far ripartire tutti i suoi argomenti e i suoi blackisms rilanciandoli e rinnovandoli. Black e Silver mi confermano che è un po’ così, e il secondo aggiunge che i due detective di The Nice Guys sono praticamente una filiazione di Murtaugh e Riggs, di quei personaggi, di quel tipo di buddy cop, però con più umorismo e più consapevolezza.

Dopo la tavola rotonda rimango un po’ a parlare con loro e mi viene una considerazione di cuore, ovvero che i loro film con Bruce Willis sono stati i film di Detective Harper con Paul Newman della mia generazione. Black mi stringe la mano e mi da un abbraccio, mi dice che è il commento più bello che ha sentito da molto tempo a questa parte, Silver annuisce e mi stringe la mano contentissimo.

Allora tiro fuori il mio numero 408 di Sgt. Rock ad autografare a Shane Black, lo stesso fumetto che il suo personaggio Hawkins legge in Predator. Black è così divertito e colpito che non solo me lo firma ma chiama anche Silver a firmarlo perché “this guy is the best”. Sono il migliore: l’ha detto Shane Black e lo ha confermato Silver, penso che potrei metterlo come mansione sul mio biglietto da visita.

rock-hawkins

#LifeGoals

Per me è stato Natale in anticipo, nonostante i ventisette gradi romani e sia Maggio pieno potrei andarmene blackianamente sulle note di Let it Snow e non farebbe una grinza, opto per Dion and the Belmonts e mi allontano nel traffico diretto verso del paracetamolo.


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